Articolo di Maria Torrisi

Il giorno in cui lo chef Nuccio Montana ha riaperto il suo “Sal8” – il ristorante che, nel centro di Agrigento, vuole essere percepito come “il salone di casa della zia” – in città regnava l’assoluta desolazione. Le scuole erano rimaste chiuse per l’emergenza Covid, così come i vicinissimi uffici comunali e del genio civile, con i dipendenti in smart working. Il via libera per la riapertura era già stato dato, ma ancora nell’aria perdurava la stessa paura che aveva contraddistinto i giorni più bui del lockdown. 

Per strada si vedevano solo pochi passanti, le bocche tappate dalle piatte mascherine che coprono il viso per metà e nascondono i segni del sorriso. Ma dietro quelle mascherine lo chef Montana sapeva bene che si celava già il desiderio di ritornare a fare quattro chiacchere con gli amici, assaporando magari uno di quei suoi piatti di pesce che uniscono con ironia e leggerezza il vecchio e il nuovo. 

“Siamo stati i pionieri della ripartenza ad Agrigento, i primi a riaprire dopo la lunga quarantena – dichiara con orgoglio lo chef Montana – abbiamo richiamato tutto il nostro coraggio e, senza perdere altro tempo, in una città che sembrava ancora irreale per quanto era vuota, abbiamo riaperto il salotto buono di via Atenea e dato il via ad una nuova stagione di rinascita”.

In poco tempo le salette con le pareti verde “Tiffany” hanno ricominciato a prendere luce, il bar interno del ristorante a far circolare bollicine nei flute, e i clienti, anche se ancora timidamente, hanno ripreso ad animare il locale di vita e di spensieratezza. 

“Avevamo atteso troppo a lungo questa ripartenza e solo desso ritorniamo a vivere, anche se con le dovute, obbligatorie cautele. Noi ad esempio, avevamo circa 100 posti, tra le sale interne e il cortile esterno, ma le restrizioni del decreto della ripartenza ci hanno fatto sacrificare più della metà dei nostri coperti”, dichiara Nuccio Montana senza un filo di sconforto. Lo chef infatti ha ben chiaro che il suo ristorante non avrebbe raggiunto in ogni caso il pienone degli scorsi anni. E non soltanto per la residuale paura da contagio che fa ancora mordere il freno all’entusiasmo di questo nuovo, lento inizio.

“Il nostro ristorante è molto frequentato in quasi tutti i mesi dell’anno, salvo poi soffrire di un calo fisiologico nei mesi estivi – è la lucida spiegazione dello chef – quando la città si spopola e i luoghi di ritrovo più frequentati diventano quelli della spiaggia di san Leone, ad esempio, dove la popolazione locale si riversa in massa”.

Ma i numeri elevati non sono l’obiettivo principale di chi vuole offrire soprattutto qualità, sia nei prodotti che nel servizio. 

“Chi viene da noi è felice di essere ritornato ad una quotidianità che assomiglia molto a quella normale di alcuni mesi fa, prima del lockdown – conferma lo chef Montana – ed è grato di trovare nel nostro ristorante un ambiente accogliente, che offre le necessarie garanzie di sicurezza. In ogni ambiente del ristorante e del cortile esterno mettiamo a disposizione disinfettante per le mani, ogni giorno a chiusura curiamo l’igiene profonda delle sale con il metodo della sanificazione con aerosol, e mettiamo a disposizione dei nostri clienti menù di carta monouso, che vengono toccati da una sola persona per poi essere gettati via”. 

Ad Agrigento, secondo la testimonianza dello chef Montana, i clienti sono preparati e rispettano le regole indicate dal Ministero della Sanità per contenere i potenziali rischi da contagio.

“Restano distanziati e usano le mascherine fino al tavolo che viene loro assegnato – dichiara lo chef, con l’orgoglio di appartenenza alla stessa città degli avventori accorti – perché il valore più importante al quale adesso nessuno vuole più rinunciare è la possibilità di incontrarsi e non ce la possiamo giocare con una disattenzione o una leggerezza”.

In attesa della riapertura dei locali, in Sicilia, terra della convivialità, anche nei giorni bui del lockdown, la speranza ha operato per vie sotterranee, scavando tunnel sotto la cenere dello sconforto, ed è per questa ragione che si è giunti adesso, all’appuntamento della ripartenza, con un bagaglio di nuova energia.

Lo chef Montana, ad esempio, ha utilizzato i giorni della chiusura forzata per studiare. “Ho impiegato il mio tempo ritrovato per affinare la mia conoscenza delle tecniche di cottura e ho studiato i metodi di affumicatura dei cibi, tanto che adesso sono in grado di proporre ai clienti un tris di affumicati preparato interamente da me, nella mia cucina. E mentre fino a pochi mesi compravo i preparati, ora posso differenziare la mia proposta, modulando dettagli aromatici e stagionature. I miei clienti hanno già apprezzato il mio “tris di tartarre al legno aromatico di ciliegio” e io ne vado fiero. Inoltre nel mio menù non mancano mai i miei cavalli di battaglia: la minestra di crostacei e i crudi di pesce, ma anche se ho dovuto ridurre il numero delle proposte, adesso ho introdotto il “piatto del giorno”, un’opportunità che in passato non era stata prevista” e che, ad esempio, può comprendere la pasta “cacio e pepe ai ricci” o gli “scialatieddi con striscioline di ricciola e limone Interdonato”, oltre ad un’ampia varietà di piatti che faccio variare e che valorizzano ancora di più le risorse del territorio”.

Tante attenzioni che i clienti hanno dimostrato di apprezzare, non ultima la sorpresa dei prezzi che ora sono leggermente abbassati e arrotondati: una carezza molto gradita in un’epoca in cui si sente la carenza degli abbracci e delle strette di mano ancora negate.

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