Maria Torrisidi Maria Torrisi

Non è solo campanilismo e amore per la propria terra, ma è anche una scelta etica incoraggiare il consumo dei prodotti locali. E quando l’etica abbraccia l’economia si innesca una spirale virtuosa che porta benefici per tutti. Il funzionamento di questo meccanismo è facile: se i consumatori rivolgono le proprie attenzioni al mercato interno, ripagano e premiano gli sforzi delle famiglie di produttori locali che basano il proprio reddito sul lavoro nelle campagne o sulla piccola pesca. Tutta l’economia locale ne riceverà benefici a cascata: i produttori incoraggiati saranno sempre più impegnati a realizzare eccellenze, che avranno maggiori sbocchi anche fuori dal territorio, mentre gli agricoltori e i pescatori non lasceranno più la terra per cercare lavoro altrove. Più in generale si verificherà che il valore economico della terra resterà sostenuto e non si deprezzerà come invece accade con l’abbandono delle campagne ed inoltre si potrà contare su una maggiore disponibilità di risorse che migliorerà anche il ventaglio dell’offerta turistica.

I cuochi che sanno di essere promotori e diffusori di cultura non possono che sentirsi impegnati anche moralmente in questa campagna lanciata dal presidente regionale dell’Urcs, Domenico Privitera, che evidentemente ha già chiaro tutto un percorso virtuoso per far decollare l’economia del comparto, rispettando il principio della sostenibilità ambientale.

“Non proporrei mai salmone norvegese o radicchio trevigiano – esordisce Sergio Sinagra, presidente provinciale dell’Unione regionale cuochi siciliani di Agrigento – a costo di faticare molto di più in cucina per preparare, ad esempio come antipasto, un letto di caponatina bianca su cui poggiare un filetto di sgombro dorato in crosta di farina di timilia: un piatto equilibrato, sano, gustoso e tutto siciliano. Da sempre ogni ingrediente delle mie ricette è il risultato di una scelta accurata, che rispetta i principi della freschezza, della stagionalità, della territorialità e della tradizione gastronomica locale. Condivido pienamente la filosofia espressa dal presidente Privitera: anch’io scelgo siciliano perché un prodotto locale è sempre più sano di qualsiasi altro prodotto importato e da anni mi batto per sostenere che l’eccellenza non si misura con il costo di mercato, ma con la perfetta aderenza del prodotto alla sua originale e vera natura”.

A sostenere l’economia locale, anche se non come obiettivo principale del proprio operato, ma come felice conseguenza della scelta di soddisfare le esigenze dei clienti e migliorare anche il posizionamento dell’attività sul mercato, ci pensano chef come Antonino Di Caro (del quale sono pubblicate alcune ricette nello spazio dedicato di questo magazine), che cura con notevoli soddisfazioni la preparazione di piatti di pesce in un caratteristico ristorante di Realmonte che si affaccia sull’arco di mare della Scala dei Turchi. “Ogni mattina arriva, con la barchetta dei pescatori, – riferisce lo chef Antonino Di Caro – il pesce pescato nella notte al largo delle nostre coste. Sarago, seppie e pesce locale freschissimo che fanno la felicità dei nostri esigenti turisti, spesso anche stranieri. Qui il cliente arriva preparato e noi non lo deludiamo. Nelle nostra tavole non serviamo mai pesce d’allevamento, che anzi per me non dovrebbe neanche esistere, ma anche gli ortaggi e le verdure sono selezionati con cura tra i prodotti del territorio, facendo grande attenzione a chi li produce perché, se si ha un locale con pochi posti, si possono curare i dettagli con la massima precisione, si può offrire un servizio di prima qualità e si può stare sicuri che il cliente ne parlerà con gli amici e ritornerà, ma anche per i banchetti si potrà offrire un servizio di alta qualità, con prodotti eccellenti, se ci si rivolge a fornitori fidati”.

Lo chef Antonino Di Caro, che ha accumulato esperienze nelle cucine di importanti ristoranti in Europa e nel mondo, ritornando in Sicilia ha portato con sé una solida consapevolezza, quella che i nostri prodotti sono apprezzati ovunque, tanto che sono numerosi anche i tentativi di contraffazione.

“Il pane che facciamo noi, con le farine di grani antichi, con la molitura a pietra, senza l’aggiunta di alcuna sostanza per la conservazione, con una lievitazione lenta e magari cotto anche in un forno tradizionale – dichiara lo chef Di Caro – ha un sapore che non si dimentica. Come l’olio d’oliva extravergine dei nostri piatti. Il consenso premia, ma bisogna lavorare tanto per trovare i fornitori giusti. Se la materia prima è buona non bisogna aggiungere molto altro alla professionalità dello chef per fare un’ottima ricetta”.

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