di Maria Torrisi 

Aurelio Buciunì ha formato un’intera generazione di cuochi in Sicilia e il suo nome risuona nel cuore di quanti lo hanno conosciuto ed apprezzato. Ma non c’è traccia del suo nome negli albi d’oro, nessuna piazza è intitolata alla sua memoria, nessuna sala porta il suo nome, nessun piatto lo evoca.


La storia della cucina italiana sembra averlo dimenticato ed è per questo che i suoi allievi in questi giorni in cui a Taormina – la sua città – si celebra la Grande Festa della Cucina Italia, ha deciso di rendere giustizia alla memoria di un grande uomo che ha insegnato l’arte a molti chef di cucina in Sicilia, ma soprattutto è stato maestro del saper vivere. 

I suoi allievi gli riconoscono che il suo esempio e le sue parole hanno insegnato loro il rispetto per le materie prime che questa terra ci offre e che nelle loro mani diventano alimenti e strumenti di lavoro. Ricordano bene che ha insegnato loro ad avere rispetto per i collaboratori che, solo quando si lavora nell’armonia, sono la vera forza nella cucina, e ad offrire ogni attenzione ai clienti, che sono i primi interlocutori. Ma soprattutto ha insegnato il rispetto per la professione che bisogna saper difendere all’esterno dai nemici della massificazione, e dall’interno dalle manie di protagonismo che attecchiscono sul narcisismo.

Dagli anni ’70 ha insegnato con grande dedizione a Giarre, in provincia di Catania, nell’unico Istituto Alberghiero che, in quegli anni pionieristici della grande ristorazione, esisteva in Sicilia per tutta la costa Jonico-Etnea. E ha insegnato, con la stessa grande dedizione, tra i fornelli e i taglieri della sua cucina, la tecnica e l’arte a quanti reputava giovani promesse.

L’idea di ricordare il suo nome e la sua figura con qualcosa che ne riconsegnasse il valore alla storia è nata già diversi anni fa e ha trovato immediatamente il plauso di amici e vecchi allievi. Un gruppo Facebook li ha fatti re incontrare e l’entusiasmo è cresciuto a tal punto tra i suoi vecchi allievi, anche quelli che ormai vivono lontano dalla Sicilia, da far pensare loro che fosse necessario organizzare un evento pubblico, in una piazza importante come quella del Belvedere di Taormina che lunedì 12 giugno ospita l’evento dei cuochi “Cibo Nostrum”.

A scuola era amato per la sua innata capacità di mantenere desta l’attenzione degli allievi attratti dalla sua abilità, e per le sue molteplici conoscenze che amava condividere e offrire come dono. A lavoro, nei grandi ristoranti nei quali era chiamato, era un magistrale organizzatore.


I suoi banchetti trionfali sono rimasti memorabili: fu lui ad esempio ad essere chiamato ad organizzare pranzi e cene per illustri eventi in Italia ed estero, fu chef nel ‘62 del casinò municipale di Taormina appena ventitreenne, organizzò l’apertura del meraviglioso Hotel Capo-Taormina della Hyatt Regency di Chicago, fu chef del prestigioso Hotel SeaPalace, di Villa Sant Andrea con il suo prestigioso e rinomato ristorante estivo “L’Oliviero”,  ed ancora del “Tout Va”, del “Septimo”, ed era lui a deliziare i palati di grandi artisti del mondo dello spettacolo, del cinema e della moda che raggiungevano la perla dello Jonio.

Fu lui di fatto ad inventare il turismo gastronomico di qualità creando nomi e gusti della nuova cucina creativa, tipo la salsa “Carrapipana” che oggi viene illustrata sui testi di cucina siciliana: aveva inteso che il paesaggio rappresenta l’attrattiva principale, che non è disgiunta dalla tavola.

Anche l’industria ha basato la produzione dei forni di seconda generazione, quelli che facilitano oggi molti lavori ai cuochi, modellandoli sui procedimenti che anche Buciunì aveva codificato in precisi passaggi. Ha inserito, nella sua costante ricerca della perfezione del gusto, l’elemento della teatralità e della meraviglia nella presentazione del piatto.

Non fu l’unico chef che in Sicilia ebbe questo ruolo di spartiacque epocale: ricordiamo anche altri grandi chef che ci hanno lasciati, regalandoci l’eredità di una professione sempre più di prestigio, che furono anche i fondatori della Federazione Italiana Cuochi, quali Francesco Paolo Cascino di Palermo, Salvatore Schifano di Agrigento, Antonino Visetta di Siracusa, anche Enzo Dellea di Brescia, Giovanni Maggi di Bari, Fiorenzo Baroni di Bergamo, Claudio Zaretti di Novara e tanti altri illustri cuochi che hanno onorato la cucina italiana, ma a Taormina si vuole rendere omaggio ad Aurelio Buciunì, che qui ha avuto i natali.

Il momento celebrativo organizzato dall’Unione Regionale Cuochi Siciliani in memoria di Buciuni, con la testimonianza diretta di quanti lo hanno conosciuto ed apprezzato, vuole essere un segno tangibile riconoscenza e un monito soprattutto per le giovani generazioni che quella del cuoco è una professione solida con radici prestigiose, non esibizionismo vano, come purtroppo la televisione ci ha abituati a credere. Una professione che si costruisce non spirito di sacrificio e impegno quotidiano.

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