Articolo di Maria Torrisi

I Campionati italiani di Cucina di Rimini si sono appena conclusi (alla Sicilia sono state assegnate una medaglia d’oro, due d’argento e 11 di bronzo: l’oro a Sarah Cucchiara nel K2 Senior con il punteggio di 92,75 si è pure classificata Campione d’Italia della categoria. Altre medaglie a Rosario Picone, Salvatore Forte, Rosalia Pintacuda, Alessandra Lavenia, Antonietta Rocco, Rita Del Castillo, Alessandro Giannilivigni, Mirko Alongi, ed altri ancora), e già si pensa alla prossima edizione. 

All’indomani della cerimonia di premiazione gli organizzatori e i giudici di gara hanno cominciato a studiare come radicare alcune delle scelte che si sono rivelate fortunate e come apportare modifiche, a volte anche sostanziali, per snellire i complessi regolamenti e per rendere più attrattive alcune prove. 

Il primo “bilancio a caldo” è quello del massimo esponente delle giurie di questa competizione, il presidente Fabio Tacchella, che nei quattro giorni riminesi ha avuto il prestigioso compito di dire l’ultima parola nella definizione dei verdetti dei giudici delle singole gare. Il suo commento è sereno ma deciso: “Bisogna ritornare alle tradizioni gastronomiche nazionali”.

Anche quest’anno il successo dei Campionati Italiani della Cucina è stato confermato da un consistente flusso di presenze che, all’interno della Fiera di Rimini, ha animato il vasto padiglione della Fic. Ma al presidente Tacchella questo risultato non basta. 

“Tutte le discipline sono state coperte, le medaglie d’oro sono state assegnate, anche se pesava l’assenza di chi quest’anno, esattamente negli stessi giorni dei Campionati, ha partecipato alle Olimpiadi di Stoccarda. Anche se il bilancio di questa edizione rimane positivo, occorre sapere che è necessario apportare alcune modifiche alle gare. Innanzitutto bisogna far ritorno alla cucina italiana – anticipa Fabio Tacchella – perché lentamente ci siamo adeguati agli standard internazionali, siamo diventati esperti nelle competenze e nelle abilità della cucina dei nostri “vicini di casa”, ma abbiamo rinnegato le nostre abitudini alimentari, abbiamo dimenticato gli antipasti, abbandonato i primi piatti, sconfessato alcuni dolci. Ora è arrivato il momento di riabbracciare le nostre origini, almeno in una competizione che nel nome ostenta orgogliosamente il marchio Italia. Anzi – ed è questa la “rivoluzione copernicana” dei prossimi Campionati di Cucina Italiana – faremo in modo di coinvolgere gli altri Paesi a cimentarsi nella preparazione di piatti della cucina italiana, secondo il nostro stile e la nostra tradizione”.

Ma “i ritocchi” non finiscono qua: alla luce di alcune prove che hanno rischiato di paralizzare il lavoro nelle cucine, al supergiudice Tacchella alcune regole contenute nei regolamenti e applicate dai giudici di gara, sembrano essere diventate un po’ troppo eccessive. Ad essere messe in discussione sono soprattutto le regole legate alla sicurezza alimentare. 

“Non possiamo rischiare di perdere concorrenti a causa dell’eccessiva rigidità di queste norme – spiega il super giudice – soprattutto perché questo è un luogo di formazione e di crescita professionale, non di sanzioni e di stroncature”.

Eppure questa edizione dei Campionati Italiani di Cucina italiana è stata caratterizzata da una rigorosa applicazione delle norme, proprio con “il giudice dei giudici” Fabio Tacchella che dal palco della “Mistery Box” ha sanzionato coloro che cercavano di eludere i controlli. 

“La “Mistery Box” è un contest molto amato dal pubblico, perché si sente coinvolto più che dai coking show, e sprona i concorrenti a impiegare alte dosi di fantasia e di abilità nelle preparazioni. Ma non è un gioco da prendere sottogamba. Quest’anno ad alcuni concorrenti in gara è arrivato un suggerimento – spiega meglio Fabio Tacchella – e noi non potevamo accettare questo elemento di irregolarità e di slealtà. Così abbiamo dimostrato fermezza e rigore e i concorrenti e i suggeritori sono stati penalizzati”. 

Da questo episodio, che ha un po’ turbato gli equilibri del gioco, è scaturita anche una simpatica variante alla gara che ha divertito i giudici e messo alla prova le abilità dei concorrenti. 

“Con Fabio Potenzano – è la divertita ricostruzione di Fabio Tacchella – abbiamo pensato di vestire i panni dei disturbatori in cucina: abbiamo volontariamente sbagliato le dosi e le preparazioni di creme e bignè, mettendo in difficoltà con i nostri pasticci il lavoro dell’intera squadra. Abbiamo così insegnato cosa accade quando qualcuno sbaglia, abbiamo analizzato con i concorrenti in gara come rimediare agli errori e definito cosa evitare per non cadere nella trappola del panico”.

E’ chiaro dunque che i Campionati Italiani di Cucina non sono un format ritenuto sacro e immutabile, anzi ogni edizione si dimostra utile ad affinare sempre più i diversi aspetti della manifestazione, ma allo stesso modo ci sono anche sezioni che non hanno necessità di essere toccate perché si sono rivelate da subito vincenti, come quelle che coinvolgono i giovani. 

“Ai giovani è dedicata un’attenzione particolare: sono loro il nostro futuro. Gli istituti alberghieri partecipano con entusiasmo alla selezione “l’allievo dell’anno” e l’inclusione è assicurata da quella dedicata agli “allievi speciali”. Quelle medaglie siamo sicuri che sono il nostro migliore investimento”.

Altra sicurezza, confermata dalla competizione riminese, è che la cucina italiana non è soltanto quella gourmet o quella che corre dietro le “stelle” o le “forchette”, tant’è che è stata molto apprezzata la novità introdotta quest’anno dello street food. 

“Ci rivedremo il prossimo anno con più Italia nelle competizioni – anticipa Tacchella – ritorneranno gli antipasti italiani e verrà riconfermata l’area dedicata al cibo da strada. Lo chiede il pubblico delle competizioni, lo chiedono i clienti dei ristoranti, lo chiedono i turisti. E noi non possiamo rimanere ancorati agli stereotipi e ai vecchi schemi”.

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