Cosa fanno i cuochi costretti dall’emergenza coronavirus a rimanere lontani dai fornelli dei ristoranti? Quasi tutti reagiscono nella maniera migliore: usano il tempo ritrovato – e difficilmente sperimentato per un periodo così lungo – per accrescere competenze, affinare tecniche di lavorazione dei cibi, per confrontarsi con i loro colleghi, scambiarsi conoscenze ed esperienze e, in ultima analisi, per prepararsi nella maniera più sana, corretta ed equilibrata ad affrontare la futura – imminente o poco prossima che sia, non ci è ancora dato saperlo – attesa stagione della riapertura dei locali.
Non che le ferite sulla loro pelle non brucino, anzi. Le perdite economiche, per il lavoro sfumato, per le provviste scadute e per gli incassi evaporati, non si contano. “Ci sarà modo di far valere la nostra voce”, dice determinato Domenico Privitera, presidente dell’Unione Regionale Cuochi Siciliani, che ha sottoscritto insieme a centinaia di altri suoi colleghi una petizione indirizzata al Governo nazionale per il riconoscimento di una serie di sgravi fiscali e di agevolazioni per la ripartenza del comparto, ma intanto, più che disperarsi e rimanere inerti, ancora una volta – come sono abituati a fare da sempre nelle cucine – i cuochi italiani si rimboccano le maniche e pensano a fare, ancor meglio di prima, il proprio lavoro.
“In questo momento di isolamento imposto, di privazioni, di paura e di dolore, che a volte ci sfiora molto da vicino, ci siamo detti che era importante, anzi fondamentale, sentirci ancora più vicini”, spiega Fabio Tacchella che, dal giorno del decreto che ha imposto agli italiani di rimanere in casa, ha aperto un canale video social e ha chiamato a raccolta innanzitutto gli chef che hanno fatto la storia della Fic: Giorgio Nardelli, Sergio Mei, Rossano Boscolo, Cesare Chessorti, Marco Valletta, ed altri ancora e poi, piano piano, tutti coloro che si sono voluti unire alla scommessa lanciata della forza di volontà contro tutti gli ostacoli e ha cominciato a guidare l’esperienza di una “cucina virtuale”: un appuntamento che è ormai diventato quotidiano.
Nella video chat si parla di cottura a bassa temperatura, di sale e sali aromatici, di prodotti stagionali della terra, di olio e condimenti, di viaggi tra i sapori d’Italia, ma anche di contaminazioni etniche. Ogni cuoco ha una chiave di accesso ed è libero di intervenire, di contribuire ad ampliare le conoscenze del gruppo dei professionisti, di avanzare proposte, di dare suggerimenti, di chiedere chiarimenti, di offrire suggestioni e di lanciare idee. Un grande “brainstorming” della cucina italiana che sperimenta così non soltanto la grande forza della circolazione delle idee, ma anche quella forse ancora più grande della fratellanza nell’epoca dell’emergenza.
Ad un dibattito è intervenuto anche Roberto Rosati, presidente del DSE (Dipartimento Solidarietà ed Emergenza) della FIC, per comunicare che la squadra è pronta, come è accaduto per il terremoto del Centro Italia e per le altre grandi emergenze nazionali, a collaborare con gli ospedali e nelle “zone rosse”. Mentre tanti singoli cuochi, lontano dai riflettori, hanno già provveduto ad offrire privatamente il proprio contributo agli enti di assistenza del proprio territorio per cercare di alleviare qualche sacca di disagio sociale.
E mentre la “cucina virtuale” allarga i propri confini fino ad inglobare al proprio interno le voci provenienti dalle province più remote d’Italia – arricchendo il dibattito con elementi di conoscenza preziosi e rari, messi sul tavolo della discussione comune come sono le raffinate pietanze nei buffet degli alberghi internazionali – altri cuochi, ognuno attraverso il proprio profilo social, offrono momenti di svago e di didattica anche ai neofiti e a quanti in questi giorni sono costretti, senza esserne mai stati abituati, ad occuparsi della preparazione dei cibi.
“Avete tempo e voglia di preparare per voi e per la vostra famiglia un piatto semplice, ma gustoso? Se volete potete seguirci e vi daremo noi le dritte giuste”, dice Riccardo Carnevali, esperto di cooking-show e segretario dell’Unione Regionale Cuochi della Lombardia. Con un’attrezzatura alla buona, fatta con un cellulare e un Tablet, con le pentole e la cucina di casa e con gli ingredienti che si trovano in dispensa, ogni giorno spiega anche a chi ha minore dimestichezza con i fornelli come cucinare un risotto, come preparare i pan cake, come cuocere un buon piatto di spaghetti ai carciofi.
Dal lato opposto dello Stivale, da Palermo ad esempio, Fabio Potenzano mescola ricette siciliane e spontanea allegria con la figliola Anita. “Benvenuti nella mia cucina – esordisce in maniche di maglietta – oggi vi propongo la “frittedda” con il merluzzo: un insieme di ortaggi di stagione stufati (carciofi, cavolfiore, cipollotto, piselli, fave), con il merluzzo al vapore. Vi va?”.
Insegnano in maniera diretta e con semplicità, i cuochi senza tocco e senza giacca, diventando intrattenitori per gioco e registi per necessità. Spiegano i piccoli trucchi del mestiere, con grande generosità, ma soprattutto offrono la lezione più importante di questa nostra comune esperienza, qualcosa che doveva essere stata già una scelta di tutti, ma che solo ora è diventata una necessità obbligatoria, ossia che non si può più tollerare lo spreco delle risorse e che dobbiamo consumare soprattutto prodotti locali. “In un momento di difficoltà come questo – sintetizza Domenico Privitera, che si è sempre speso per sostenere queste necessità in cucina – non possiamo permetterci di buttare tra i rifiuti le parti di cibo una volta considerate meno nobili, e con il trasporto merci limitato, dobbiamo tutti fare uso privilegiato delle risorse locali. Una necessità che aiuta anche la nostra economia locale”.