Di Maria Torrisi

Un lembo di terra che abbraccia chilometri di coste e un arcipelago da sogno, che si inerpica su montagne che sono sorelle degli Appennini, tutto punteggiato di campanili che spiccano sui tetti di case addossate come presepi. La provincia di Messina è un mosaico che si compone di 109 comuni ricchi di storia e di tradizione. E ricchi di sapori, regalati non solo dalle profondità dei due mari che la lambiscono, ma anche dai fianchi fertili dei monti Nebrodi.

La cucina della provincia di Messina racconta una storia: quella di uomini e di donne che hanno combattuto, anche contro guerre e terremoti, e che hanno saputo far tesoro delle esperienze per rialzarsi e continuare a vivere, per scommettere e vincere le proprie partite.

“Messina non è solo Taormina o le Isole Eolie, e tutte le loro straordinarie e celebrate bellezze – ricorda Rosaria Fiorentino, presidente provinciale dell’Unione regionale cuochi siciliani e unica donna chef a dirigere una sezione provinciale in Sicilia – ci sono decine e decine di piccoli comuni rurali o di montagna che pochi conoscono perché sono fuori dai circuiti turistici e perché, a volte, sono difficilmente raggiungibili attraverso le vie di collegamento principali tra le città, ma che meriterebbero grande attenzione, soprattutto da chi è in cerca di prodotti e sapori genuini. I cuochi della provincia di Messina sono pronti a rispondere all’appello del presidente regionale Domenico Privitera che ha sollecitato con forza e determinazione gli chef a fare maggiore uso dei prodotti locali, vera attrattiva della cucina regionale, non solo per realizzare i piatti della tradizione, certo anche rivisitati, ma anche per dare vita a nuove proposte gastronomiche, magari più leggere e in linea con il sentire moderno della tavola”.

Nel Messinese la creatività degli chef può spaziare tra ottimi prodotti locali e attingere, per i propri spunti, ad una quantità di ricette tradizionali che appare quasi senza limite: tale è l’abbondanza di varianti che differenziano le stesse ricette anche a distanza di soli dieci chilometri.

“Il territorio è ricco di eccellenze – prova a sintetizzare la presidente provinciale – ci sono le nocciole di Tortorici, ottime per la pasta reale, il maiorchino di Novara di Sicilia, celebrato con uno spettacolare torneo a Carnevale, la ricotta freschissima dei Nebrodi, i funghi che profumano di rugiada e di montagna, lo squisito suino nero che offre costate e salsiccia superbe, o le tenere carni dei pascoli di montagna, trasformate dalla maestria dei macellai locali in francobolli sottilissimi per inimitabili braciole”.

Messina però è un balcone affacciato su due mari, un braccio tra le correnti dello stretto, per questo la sua cucina è ricca di pesce freschissimo, che i moderni principi della scienza della nutrizione pongono al primo posto tra gli alimenti che apportano una maggiore quantità e una più ampia offerta di elementi necessari alla salvaguardia della nostra salute.

“A Messina gli chef non basano le proprie ricette soltanto sul tradizionale pescespada, la cui pesca oggi è fortemente regolamentata, ma su una grande varietà di pesce azzurro – assicura la lady chef Rosaria Fiorentino – perché per offrire gusto ed aiutare i clienti a migliorare il proprio benessere, puntiamo molto sui nostri prodotti locali, come gli sgombri o le aguglie ad esempio, anche se non dimentichiamo mai le famose cozze, ormai legate nel nome alla città di Messina, perché venivano allevate a Ganzirri. Ma al di sopra di ogni specialità marinara, a Messina il piatto sovrano della tradizione è il pesce stocco, qui celebrato alla ghiotta e in mille altri modi”.

Il porto trafficato di Messina infatti ha accolto, prima che altrove, tradizioni gastronomiche nordiche e le ha fatte sue, come lo stoccafisso norvegese, che solo la tecnica e la pazienza dei cuochi messinesi riesce ancora a trattare come una volta.

“Lo stocco era un piatto povero – ricorda la presidente provinciale dei cuochi di Messina, Rosaria Fiorentino – adesso però il suo costo è aumentato ed è diventato un pesce pregiato. Ai clienti  piace sentire qual è l’origine delle nostre tradizioni gastronomiche, come quella legata proprio a questo pesce secco che proviene dai mari del nord, che giunse sulle nostre tavole dopo il terribile terremoto del 1908 quando una nave norvegese donò il suo prezioso carico ai soccorritori e agli sfollati. Ai turisti incuriosisce sapere che è la devozione per la “Madonna nera” di Tindari ad aver dato origine ad un dolce preparato col riso nero, e si stupiscono sempre quando scoprono come viene preparata la famosa pignolata, con le sue palline ricoperte di glassa di zucchero, una ricetta che poi confrontano con quella che appare come la sua versione salata, ossia “u sciuscieddu”, un piatto di carne composto da polpettine di manzo ricoperte di ricotta e poi infornate”.

Raccontare i piatti e gli ingredienti tradizionali usati per la loro preparazione, sembra infatti la formula vincente degli chef del prossimo futuro, e i cuochi della provincia di Messina, guidati dalla presidente provinciale Rosaria Fiorentino, sono già al passo con i tempi perché sanno bene che i cento volti di cui si compone la loro variegata provincia hanno bisogno di cento voci per essere maggiormente apprezzati dal pubblico curioso e attento di oggi.

 

 

 

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